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Pasay City, Manila: La Jihad tra di noi?

Resistance against evictions at Pasay City, FILIPPINA, novembre 2009

Resistance against evictions at Pasay City

I Musulmani e la squadra di demolitori si lanciavano pietre l’un l’altro. La polizia di Pasay sparava. Era questo lo scenario ieri a Pasay City, durante la demolizione delle baracche circostanti la moschea.

Musulmani e demolitori si lanciavano pietre l’un l’altro, la polizia di Pasay sparava. Bambini, donne e anziani correvano, ma non c’era un luogo sicuro dove ripararsi. Questo era lo scenario ieri nella Raiah Sulayman Lumba Ranao Grand Moschea, lungo il viale Roxas., a Pasay City, durante la demolizione delle baracche circostanti la moschea.

Abdelmann Tanandato, presidente di Samahan ng Nagkakaisang Nademolis sa Roxas Boulevard aveva le lacrime agli occhi quando ha scoperto che tra le tre persone decedute vi era anche un ragazzo giovanissimo.

Ma con compostezza nel ha affermato

“che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Coloro che sono deceduti sono già in paradiso con Allah in quanto sono stati uccisi nella Jihad difendendo la sacra moschea.”

L’Unità operativa anti-sfratti (TFAE), composta da varie organizzazioni e associazioni non governative come la Urban Poor Associates (UPA), la Community Organizers Multiversity (COM) e la Community Organization of the Philippine Enterprise Foundation (COPE), ha dichiarato che il governo era stato avvertito circa lo spargimento di sangue che si sarebbe verificato sulla terra contesa se avesse proceduto con la demolizione. Ma il governo ha fatto orecchie da mercante.

Ora che lo sfratto ha causato vittime, la TFAE si chiede cosa ne sarà dei nostri fratelli e sorelle musulmani. Si domanda anche se la polizia coinvolta sarà messa sotto inchiesta. Il gruppo afferma che c’è già troppa violenza negli sfratti eseguiti a Manila.

Tanandato e tutta la comunità musulmana chiederanno l'incriminazione penale della polizia di Pasay. Contesteranno anche l’avviso di sfratto, datato 11 agosto 2009, inviato dalla sezione 274 del Tribunale Regionale di primo grado (RTC) in quanto non legittimo. Infatti, poiché lo sgombero non fu attuato ad agosto, è necessario un ulteriore preavviso di 30 giorni.

“Siamo stati soltanto informati da alcuni amici che dovevamo prepararci poiché la demolizione sarebbe stata effettuata in qualsiasi periodo del mese. Le nostre uniche armi contro gli ottocento uomini della squadra di demolizione erano pietre e fionde. Abbiamo sbarrato la moschea ma quando la polizia ha cominciato a fare fuoco e colpire i nostri uomini, il nostro gruppo si è arreso,” ha aggiunto.

Amir Saripada, uno di quelli che ha affrontato la polizia, ha detto: “Kami ay isa sa mga milyon-milyong Pilipino pero hindi nila kami tinatrato ng tama. Iniisip ko na nga lang bumalik sa Mindanao para maging sakit na ng lipunan.”

(Siamo uno dei milioni di Filippini che non sono trattati in modo giusto. Sto pensando di tornare a Mindanao per diventare un nemico della società.)

I pubblici ufficiali cpresenti ieri hanno affermato che non demoliranno la moschea fino a quando non ne verrà costruita una nuova su una proprietà di 500 metri quadrati a Parañaque. Il riferimento è alla relazione pubblicata il 26 maggio di quest’anno dal Segretario Eduardo Ermita, indirizzata al Direttore dell’autorità di recupero filippina Andrea Domingo, al Segretario dei Trasporti Leandro Mendoza e al Direttore esecutivo dell’ufficio delle questioni musulmane Ali Sangki, dove vengono informati delle disposizioni del Presidente riguardo il trasferimento dell’intera moschea in un sito adiacente alla strada litoranea. Nella relazione si afferma che il terreno in cui si trova la moschea deve essere sgombrato per fare spazio al Centro Intermodale di trasporto pubblico sud-occidentale (Metrotrans).

Ma il gruppo di ricerca dell’UPA ha scoperto che il lotto n. 5155 a Parañaque, dove dovrebbe essere costruita la moschea, ha un pretendente privato di nome Bernardo De Leon. Il caso è ancora pendente alla Corte Suprema.

Ted Añana, vice coordinatore UPA ha detto: “Questa è la terza volta che si è verificato uno sfratto così violento in quella zona contesa. Il governo non ha ancora un sito accettabile dove trasferire i residenti, mentre il posto indicato per la nuova moschea è discutibile.”

“La rivolta dei musulmani non può essere biasimata,” ha aggiunto Añana. “Per loro è un posto sacro, e difendere la moschea fino all’ultimo è di primaria importanza agli occhi di Allah. Stiamo ripetendo continuamente al governo di lasciar stare la moschea e di renderla un simbolo di tolleranza tra Musulmani e Cristiani.”

Urban Poor Associates News Digest


I(le) Traduttori(trici) Volontari(e) per il diritto alla casa senza frontiere dell’IAI che hanno collaborato con la traduzione di questo testo sono:

Paola Alfieri, Sara Maffei