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Catastrofe di Guachupita: un membro dell’organismo assessore all’ONU propone politiche sociali di alloggio

29/08/2008 El Nuevo Diario, Repubblica Dominicana, Pedro Franco

Studi realizzati dimostrano che, nel paese, il 75% delle abitazioni sono costruite dalla gente stessa (autoproduzione o produzione sociale di alloggi), che installa anche parte dell’infrastruttura e dei servizi comunitari. Il 44% di queste case sono precarie e migliorabili, ragione per cui accadono tragedie come quella successa recentemente in Gualey, dove circa 8 persone sono morte a causa del crollo delle case dovuto all’abbondante pioggia. Con un investimento minore del 50 % di quello concesso dallo Stato Dominicano per aiutare le banche fallite nel 2002-2004 si può risolvere la situazione di quegli alloggi precari che causano catastrofi come questa, la mancanza di titolazione di una gran parte delle famiglie che hanno costruito su terreni privati o statali e pianificare per i futuri nuclei familiari.

La comunicazione é rilasciata da Pedro Franco, membro designato dall’ONU come parte dell’ UN-HABITAT’s Advisory Group on Forced Evictions (UN-AGFE), un organismo che assiste gli sfollati, il quale ha proposto allo Stato Dominicano di implementare delle politiche sociali a favore degli alloggi e dei terreni che permettano di portare a termine il reinsediamento delle comunità situate in luoghi pericolosi, attenendosi e rispettando ciò che è previsto dall’articolo 11.1 del Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali, e dalle Osservazioni Generali IV e VII del Comitato dei Diritti indicati dal Patto.

Ha inoltre dichiarato che uno studio realizzato dall’Alleanza Internazionale degli Abitanti del 2007 sulla fattibilità della creazione di un Fondo di Terreno e Alloggi nella Repubblica Dominicana e Perù ha rivelato informazioni importanti ed è arrivato ad interessanti conclusioni, come le seguenti:

  • Con un investimento sostenuto per 10 anni pari al 4,4% del PIL, si può risolvere il deficit abitativo che attualmente coinvolge più di 800mila unità abitative; le abitazioni precarie, la situazione che vive il 40% delle famiglie che pagano un affitto, e ciò che è più importante, l’abilitazione a milioni di famiglie che vivono nell’incertezza, sono vittime degli sgomberi.
  • Lo studio indica che lo Stato non deve apportare interamente questo 4,4%, e men che meno regalarlo alle famiglie, anche se ammette che data la situazione di miseria ci sarebbe una quantità di beneficiari che dovrebbero ricevere un qualche tipo di sussidio, il quale, si stima, non supererebbe il 10%.
  • Mostra che il settore della produzione sociale delle abitazioni (produttori informali) sono quelli che costruiscono la maggior parte delle case nel paese, considerando che le banche e il settore immobiliare realizzano appena il 5% degli alloggi.

Le Politiche Sociali degli Alloggi non possono limitarsi al settore immobiliare

Il membro dell’ UN-AGFE sostiene che, per la prima volta, nel suo discorso dello scorso 16 agosto, il presidente della Repubblica Dr. Leonel Fernández ha incluso gli alloggi tra le politiche sociali necessarie per lo sviluppo e la modernizzazione del paese. “L’abitazione, che è un bene fondamentale per l’essere umano fin dal momento della sua nascita, è stata la grande assente nei discorsi dei partiti e dei presidenti, incluso in quelli del presidente Fernández, nelle sue passate presenze agli eventi e ai vertici internazionali”, indica la dichiarazione.

Iniziative che devono essere d’esempio

Si segnala che “negli ultimi dieci anni nel paese si sono sviluppate una serie di iniziative comunitarie appoggiate da istituzioni non governative come Ciudad Alternativa, Centro Montalvo y CEDAIL e da varie rete internazionali come la Habitat International Coalition (HIC) e la Alleanza Internazionale degli Abitanti (AIH). È necessario che lo Stato conosca e valorizzi queste iniziative e proposte, giacché queste sono in realtà modelli sperimentali pilota, nei quali è possibile intravedere le prospettive di implementazione delle politiche sociali degli alloggi e del territorio, necessarie per il paese”.

Tra le iniziative nate dalle comunità, segnala le seguenti:

Proposta Piano Cigua elaborata da Ciudad Alternativa, una soluzione per le famiglie ubicate sulle rive dei fiumi Ozama e Isabela. Proposta di Legge di Alloggio della RED URBANO POPULAR e la COOPHABITAT, che oltre a creare un Ministero per le abitazioni, Hábitat y Asentamientos Humanos, contempla la creazione di un Fondo Nazionale simile a quello che dal 1968 esiste in Uruguay e che permetterebbe di garantire l’investimento negli alloggi sociali, l’accesso al territorio e la titolazione dell’abitazione alla grande popolazione che ne è sprovvista e che vive nell’incertezza.

Creare una cornice per il cooperativismo degli Alloggi come previsto dalle leggi di Messico e Uruguay per citarne alcuni, che serva a canalizzare l’applicazione del credito e del sussidio statale, di modo che le famiglie beneficiarie non possano farne un commercio come in passato, ma che l’abitazione sia un bene famigliare e allo stesso tempo una proprietà cooperativa, che non si possa vendere, affittare né commerciare, ma che rappresenti una soluzione definitiva per le famiglie, i suoi discendenti o ascendenti.

Reindirizzare l’obiettivo della Banca Nazionale degli Alloggi che deve essere finalizzato all’Abitazione e al Territorio. L’attuale definizione “banca di alloggi e produzione” non trasmette chiaramente che l’obiettivo del settore pubblico è rappresentato dalla trascendenza e dall’urgenza delle politiche sociali in materia di alloggi.

La nascita della Cooperativa della Produzione Sociale degli Alloggi, COOPHABITAT, la prima nel paese a promuovere il modello dei progetti di Alloggi di Mutuo Aiuto, mediante i quali le comunità contribuiscono con la loro mano d’opera, con crediti e donazioni realizzano un progetto abitativo ed i cui alloggi non possono essere venduti, affittati né subaffittati, il che rappresenta per le famiglie una soluzione definitiva.

Il primo progetto di Alloggi di questo tipo sta per essere realizzato nel settore di Villa Esfuerzo, nel municipio di Santo Domingo Est, dove 77 famiglie sono state sfrattate dall’immobiliare Esperilla Land, proprietà delle famiglie Porcella, Elmuesí ed altre, da terre che erano state loro consegnate dal CEA nel 1997 durante la Legge di Capitalizzazione.

Una missione dell’AGFE ONU, capeggiata dallo stesso coordinatore mondiale, Sig. Yves Cabannes, che era nel paese quando ebbe luogo lo sfollamento di queste famiglie. Egli ha aperto un dialogo tra le istituzioni dello Stato (Potere Esecutivo, Comuni, Camera dei Deputati), la società civile, la comunità e la famiglia Porcella arrivando all’accordo di reinsediamento.

Il non compimento di questi accordi da parte della famiglia Porcella, capeggiata dal signor Enrique Porcella e Pedro Elmuesí, che non consegnarono i titoli dei terreni, e lo Stato che non assegnò i fondi necessari, fecero sì che quella comunità si sia organizzata nella COOPHABITAT ed abbia iniziato il processo di formazione e di preparazione ai lavori, ricevendo l’assessorato della Federazione Uruguayana delle Cooperative per il Mutuo Aiuto, pioniera di questo modello nel continente, del centro cooperativo svedese e dell’Alleanza Internazionale degli Abitanti, vale a dire quelli che si sono mossi per primi per iniziare l’opera.

Il settore privato deve contribuire alla soluzione

Il vincolo tradizionale del grande capitale privato con lo Stato gli permise non solo di impossessarsi delle maggiori e migliori terre del paese, ma anche di creare situazioni che oggi evidenziano la crisi e l’incapacità pubblica di fornire una soluzione.

Ciononostante il possesso della terra è un vero collo di bottiglia per la soluzione del problema degli alloggi. Ciò che è più evidente è la situazione che mantiene la famiglia Vicini con i residenti della zona nord del Distretto Nazionale, impossibilitati a migliorare le loro abitazioni precarie, che si stima rappresentino più del 70% degli abitanti del Distretto Nazionale e della provincia. Se ci dirigiamo al Sud della regione, nella zona inclusa fra San Cristobal e la frontiera qualcuno dice di possedere i titoli del territorio, mentre comunità di zone turistiche come Juana Vicenta (Samaná), Verón (Higuey), Juan Dolio (San Pedro de Macorís), Boca Chica (Santo Domingo) si aggiungono a decine di migliaia di casi in tutto il paese.

Non è possibile una soluzione a questa problematica senza una volontà politica statale ben definita ed una quota di responsabilità sociale delle imprese che per svariati motivi sono i proprietari dei titoli del territorio dove la maggior parte delle famiglie hanno costruito le loro abitazioni.

La dichiarazione del Sig. Franco si conclude così: “Oggi il paese è costernato e questo stato d’animo invade anche la quotidianità dei funzionari statali di tutti i livelli. Ma la cosa più importante é che questi funzionari con potere di decisione abbiano la volontà necessaria, dopo un fatto così doloroso come le morti menzionate, per trasformarlo in energia e in politiche sociali come quelle enumerate, azione che permetterebbe di dare sicurezza e garanzie di vita, territorio ed alloggio dignitoso alle maggioranze nazionali”.